giovedì 22 dicembre 2011

Il canto del mio Natale

Cosa c'è di meglio di stare seduti nella propria cucina, sola con un cagnolino che mi graffia le gambe perchè vuole un po' di attenzione, o forse qualcosa da sgranocchiare... Lascio che le note di Radiofreccia traspostino i miei pensieri dove preferiscono andare... Mi fumo una sigaretta guardando il cielo e le luci che agghindano le finestre dei vicini. Penso ai Natali passati.
Come nel Canto di Natale di Dickens c'è un fantasma che mi porta indietro nel tempo. Vedo la casa addobbata, la tavola imbandita di noci, torroni, cioccolata e pandolce con la foglia di alloro che porta fortuna. La nonna con il suo grembiule non si ferma un attimo dietro ai fornelli. Per giorni ha impastato ravioli, riempendoli a più non posso di prebuggiun. Mi ricordo la domanda fatidica: "Nonna cosa mangiamo a Natale?" - "Mah...dui raieu...e in po' de carne..." Nulla di più semplice.
Non avevo ancora l' ansia da "cosa regalo?", aspettavo Babbo Natale con Marci, mettendo una tazza di latte sul tavolo prima di andare a letto...la mattina era sempre vuota ed erevamo eccitati pensando che Babbo avesse potuto trovare ristoro nella nostra cucina prima di ripartire con le renne.
Quello per me è il Natale, la nonna in cucina e quella tazza vuota sul tavolo.
Negli anni le cose hanno preso una piega diversa, ma forse sono solo i miei occhi ad aver messo le lenti attraverso cui guardano i grandi; il consumismo, la corsa frenetica ai regali, che sempre più spesso sono tanto più apprezzati quanto più sono costosi, hanno piano piano deteriorato lo spirito del Natale.
Ma io ho ancora "dui raieu e in po' de carne" da mangiare con mamma, Marci, zio, cugino, e i nonni, che anche se un po' malandati ci sono ancora. E mi rendo conto che il mio vero Natale, anche senza luci e senza tazze di latte, sono sempre stati loro, l' unico regalo che voglio avere sotto l' albero.

Lizzy

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